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ONDINA PETEANI. LA LOTTA PARTIGIANA, LA DEPORTAZIONE AD AUSCHWITZ, L’IMPEGNO SOCIALE

 

speciale 27 gennaio –  Il giorno della memoria

Una donna e il ricordo del lager 

In occasione del 27 gennaio, Giorno della Memoria delle persecuzioni nazifasciste, Mursia presenta Ondina Peteani, la lotta partigiana, la deportazione ad Auschwitz, l’impegno sociale: una vita per la libertà (pagg. 274, euro 17; prefazioni di don Andrea Gallo e Liliana Segre), biografia  della  prima staffetta partigiana d’Italia, deportata ad Auschwitz n. 81672 .

Nella ricostruzione della storica Anna di Gianantonio basata su una serie di testimonianze dirette e di registrazioni sonore raccolte insieme a Gianni Peteani, figlio di Ondina, la vita della protagonista, nata a Trieste il 26 aprile del 1926 (giovanissima  operaia  e attivista del PCI sin dal 1942, a soli 17 anni) attraversa gli anni del fascismo, si inabissata in modo incancellabile nella detenzione nei campi di concentramento (Auschwitz, Ravensbrük, Eber Walde e poi di nuovo  Ravensbrük) e continua nel dopoguerra segnata intimamente dall’eredità dei lager - la sterilità, l’anoressia, la depressioni e alcune calcificazioni polmonari -  con il  suo lavoro di ostetrica, con l’impegno politico, con l’intensa attività culturale.

«È bello vivere liberi»: sono state le sue ultime parole, l’epitaffio di una vita passata dalla parte dei giusti e il suo racconto non fa sconti, non c’è retorica nelle sue parole, ma solo la cruda, tragica realtà della ferocia umana: «…Apprendemmo, in quei rapidi colloqui, l’abc della sopravvivenza: imparare subito il proprio numero in lingua tedesca e polacca; obbedire rapidamente agli ordini per non essere violentemente pestate; non bere assolutamente l’acqua del campo perché non era potabile; infine ci dissero dell’esistenza dei forni crematori, del loro funzionamento, di cui era proibito parlare, dovevamo fingere di non sapere niente». 

Una testimonianza fondamentale per  comprendere i segni indelebili che il lager ha lasciato sulle sue vittime ma anche il racconto di una donna speciale, emblema di una generazione di donne che la guerra, paradossalmente, ha reso libere, ma che per quella libertà hanno pagato un prezzo elevatissimo. 

Gianni Peteani ha deciso di dedicare dedicato questo libro al Presidente della Repubblica che «con commozione e ammirazione ha letto la storia di mia madre».

di Renato Banfi